Recensioni
Nelson Mandela
Le Mie Fiabe Africane
" Il mio più profondo desiderio è che in Africa la voce del cantastorie possa non morire mai ".
Nelson Mandela
Nelson Mandela, Premio Nobel per la Pace nel 1993, è forse la voce più rappresentativa dell'Africa nel mondo. Sudafricano, a causa delle sue battaglie contro l'apartheid ha trascorso 26 anni in un carcere di massima sicurezza. Nel 1994 è stato eletto Presidente della Repubblica del Sudafrica. Dal 1999 ha abbandonato la vita politica attiva.
Quando nel 1995 Daisaku Ikeda incontra Nelson Mandela
Nell'immagine qui a fianco Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale e mio maestro, incontra per la secondo volta Nelson Mandela, nel 1995 l'anno seguente alla sua elezione a Presidente della Repubblica del Sudafrica. Il loro primo incontro risale al 1990, anno della sua scarcerazione.
A proposito di Nelson Mandela, scrive il presidente Ikeda:
A proposito di Nelson Mandela, scrive il presidente Ikeda:
" Ho incontrato Nelson Mandela, l’ex presidente della Repubblica Sudafricana, in due occasioni. Di lui hanno detto che qualunque nazione guidata da un leader con un simile sorriso radioso è benedetta; ho visto con i miei occhi quanto sono vere quelle parole. Il presidente Mandela emana un tale calore che, sebbene sia uno dei grandi uomini della terra, si è tentati di rivolgersi a lui come a un vecchio amico. In quelle occasioni il suo sorriso era genuino come l’oro più prezioso, e lui risplendeva come una persona che è stata messa a dura prova nel crogiolo delle sofferenze più atroci " .
Nelson Mandela raccoglie in questa magistrale antologia il meglio delle storie più belle e antiche. Ad arricchirne la forza e i colori, un prezioso corredo di illustrazioni create appositamente da artisti africani.
" C'è la lepre - osserva Mandela -, una piccola canaglia; il furbo sciacallo, nel ruolo dell'imbroglione; la iena, nella p arte del più debole; il leone, in quella di sovrano dispensatore di doni; il serpente, che infonde paura e al contempo è simbolo di virtù taumaturgiche; ci sono gli incantesimi che provocano sventura o salvezza; ci sono cannibali raccapriccianti che fanno paura ai grandi non meno che ai piccoli ". Il popoloso universo di uomini e animali che abitano questo continente con la loro generosa umanità e l'istintiva disponibilità al sorriso è colto attraverso l'arida essenza dell'Africa. " Le mie storie più care ", le definisce Mandela. Storie antiche quanto l'Africa, raccontate intorno ai falò della sera da tempo immemorabile. |
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Desideravo condividere con voi una di queste fiabe, cosa che di solito non si trova nelle recensioni dei libri, ma mi sembrava un'azione generosa per voi che siete approdati fino a qui !
Il Canto Incantato Dell'Uccello Magico
Questa storia dell'Africa orientale sull'innocenza e la forza dei bambini fu raccolta all'inizio del XX secolo nel Benaland, in Tanganica (l'attuale Tanzania), dal pastore Julius Oelke della Chiesa Missionaria di Berlino. L'illustrazione è di Piet Grobler.
Un giorno, in un piccolo villaggio arrivò uno strano uccello che fece il suo nido tra le colline basse. Da quel momento, nulla fu più al sicuro. Qualunque cosa gli abitanti piantassero spariva dai campi durante la notte. Ogni mattina le pecore, le capre e le galline erano sempre di meno. Persino durante il giorno, mentre tutti erano al lavoro nei campi, l'enorme uccello entrava con la forza nei magazzini e nei granai, e rubava le provviste per l'inverno.
Il villaggio andò in rovina. Tutti finirono in miseria - dappertutto si sentivano gemiti e digrignar di denti. Nessuno - neppure l'eroe più coraggioso del villaggio - riusciva a mettere le mani sull'uccello. Era troppo veloce. Si faceva persino fatica a scorgerlo; si sentiva solo lo sfrecciare delle grandi ali quando veniva ad appollaiarsi in cima al vecchio albero, al riparo della sua fitta chioma gialla.
Il capo del villaggio si strappava i capelli per la disperazione. Un giorno, dopo che l'uccello ebbe depredato il suo bestiame e le sue provviste per l'inverno, ordinò agli anziani di affilare ascia e machete e di andare tutti insieme a caccia dell'uccello. " Abbattere l'albero - questa sarà la nostra risposta ", disse.
Con asce e machete affilati e luccicanti, gli anziani si avvicinarono al grande albero. I primi colpi affondarono pesantemente fin dentro al corpo vivo del tronco. L'albero vacillò, e dal fitto e intricato fogliame su in cima spuntò lo strano e misterioso uccello. Dalla sua gola uscì un canto dolce come miele. Si insinuò nel cuore degli uomini e raccontò di cose meravigliose e remote che mai più ritorneranno. Quel suono era così incantevole che asce e machete a uno a uno caddero dalle mani degli anziani. Essi si inginocchiarono e volsero lo sguardo sognante e malinconico verso l'uccello che cantava per loro in tutto il suo splendore di colori brillanti.
le mani degli anziani divennero fiacche. I loro cuori si fecero teneri, No, pensarono, un uccello così bello non poteva aver causato tanto danno e devastazione! E quando il sole calò rosso ad ovest, si trascinarono come sonnambuli dal loro capo e dissero che non c'era nulla, ma proprio nulla, che essi potessero fare contro quell'uccello.
Il capo si arrabbiò molto. " Allora saranno i giovani della tribù ad aiutarmi - disse -.Toccherà ai ragazzi infrangere il potere dell'uccello".
Il mattino dopo i giovani si armarono di asce e machete luccicanti e partirono alla volta dell'albero. Di nuovo i primi colpi affondarono pesantemente nel corpo vivo del tronco. E proprio come la prima volta, la grande chioma dell'albero si aprì e lo strano uccello comparve in tutta la sua variopinta bellezza.. Ancora una volta, la melodia più straordinaria riecheggiò tra le colline. I ragazzi ascoltarono, incantati, quel canto che parlava loro d'amore e di coraggio e delle gesta eroiche che li attendevano. Quell'uccello non poteva essere cattivo, pensarono. Non poteva essere malvagio. Le braccia dei ragazzi diventarono fiacche, le mani lasciarono cadere asce e machete e, come gli anziani prima di loro, essi caddero in ginocchio e ascoltarono in trance il canto dell'uccello.
Quando calò la notte, tornarono barcollanti e confusi dal capo. Nelle loro orecchie risuonava ancora il canto dell'uccello misterioso. " E' impossibile - disse il maggiore del gruppo -. Nessuno può resistere al potere magico dell'uccello".
Il mattino dopo, il capo e i bambini della tribù si diressero all'albero su cui poggiava lo strano uccello. Non appena i bambini fecero saggiare all'albero il morso dell'ascia, a fitta chioma si aprì e l'uccello comparve come sempre - con la sua bellezza accecante. Ma i bambini non guardavano in alto. I loro occhi ero posati sulle asce e i machete che avevano in mano. Ed essi tagliavano, tagliavano, tagliavano al ritmo del loro stesso rumore.
L'uccello cominciò a cantare. Il capo riusciva a sentire che quel canto era di una bellezza senza pari, riusciva a sentire che le mani si indebolivano. Ma le orecchie dei bambini riuscivano a sentire solo i colpi secchi e regolari delle asce e dei machete. Per quanto incantevole fosse il canto dell'uccello, i bambini continuarono a tagliare, tagliare, tagliare.
Finalmente il tronco scricchiolò e si spezzò. L'albero si schiantò a terra e con esso precipitò l'uccello strano e misterioso. Il capo trovò l'uccello lì dove giaceva, schiacciato dal peso dei rami.
Da ogni dove la gente si precipitò. Gli anziani disillusi e i giovani vigorosi non riuscivano a credere che i bambini fossero riusciti nell'impresa con le loro esili braccia!
Quella sera, il capo proclamò una gran festa in segno di riconoscimento per i bambini. " Voi siete gli unici a saper ascoltare e ad avere gli occhi limpidi - disse -. Voi siete gli occhi e le orecchie della tribù".
Il villaggio andò in rovina. Tutti finirono in miseria - dappertutto si sentivano gemiti e digrignar di denti. Nessuno - neppure l'eroe più coraggioso del villaggio - riusciva a mettere le mani sull'uccello. Era troppo veloce. Si faceva persino fatica a scorgerlo; si sentiva solo lo sfrecciare delle grandi ali quando veniva ad appollaiarsi in cima al vecchio albero, al riparo della sua fitta chioma gialla.
Il capo del villaggio si strappava i capelli per la disperazione. Un giorno, dopo che l'uccello ebbe depredato il suo bestiame e le sue provviste per l'inverno, ordinò agli anziani di affilare ascia e machete e di andare tutti insieme a caccia dell'uccello. " Abbattere l'albero - questa sarà la nostra risposta ", disse.
Con asce e machete affilati e luccicanti, gli anziani si avvicinarono al grande albero. I primi colpi affondarono pesantemente fin dentro al corpo vivo del tronco. L'albero vacillò, e dal fitto e intricato fogliame su in cima spuntò lo strano e misterioso uccello. Dalla sua gola uscì un canto dolce come miele. Si insinuò nel cuore degli uomini e raccontò di cose meravigliose e remote che mai più ritorneranno. Quel suono era così incantevole che asce e machete a uno a uno caddero dalle mani degli anziani. Essi si inginocchiarono e volsero lo sguardo sognante e malinconico verso l'uccello che cantava per loro in tutto il suo splendore di colori brillanti.
le mani degli anziani divennero fiacche. I loro cuori si fecero teneri, No, pensarono, un uccello così bello non poteva aver causato tanto danno e devastazione! E quando il sole calò rosso ad ovest, si trascinarono come sonnambuli dal loro capo e dissero che non c'era nulla, ma proprio nulla, che essi potessero fare contro quell'uccello.
Il capo si arrabbiò molto. " Allora saranno i giovani della tribù ad aiutarmi - disse -.Toccherà ai ragazzi infrangere il potere dell'uccello".
Il mattino dopo i giovani si armarono di asce e machete luccicanti e partirono alla volta dell'albero. Di nuovo i primi colpi affondarono pesantemente nel corpo vivo del tronco. E proprio come la prima volta, la grande chioma dell'albero si aprì e lo strano uccello comparve in tutta la sua variopinta bellezza.. Ancora una volta, la melodia più straordinaria riecheggiò tra le colline. I ragazzi ascoltarono, incantati, quel canto che parlava loro d'amore e di coraggio e delle gesta eroiche che li attendevano. Quell'uccello non poteva essere cattivo, pensarono. Non poteva essere malvagio. Le braccia dei ragazzi diventarono fiacche, le mani lasciarono cadere asce e machete e, come gli anziani prima di loro, essi caddero in ginocchio e ascoltarono in trance il canto dell'uccello.
Quando calò la notte, tornarono barcollanti e confusi dal capo. Nelle loro orecchie risuonava ancora il canto dell'uccello misterioso. " E' impossibile - disse il maggiore del gruppo -. Nessuno può resistere al potere magico dell'uccello".
Il mattino dopo, il capo e i bambini della tribù si diressero all'albero su cui poggiava lo strano uccello. Non appena i bambini fecero saggiare all'albero il morso dell'ascia, a fitta chioma si aprì e l'uccello comparve come sempre - con la sua bellezza accecante. Ma i bambini non guardavano in alto. I loro occhi ero posati sulle asce e i machete che avevano in mano. Ed essi tagliavano, tagliavano, tagliavano al ritmo del loro stesso rumore.
L'uccello cominciò a cantare. Il capo riusciva a sentire che quel canto era di una bellezza senza pari, riusciva a sentire che le mani si indebolivano. Ma le orecchie dei bambini riuscivano a sentire solo i colpi secchi e regolari delle asce e dei machete. Per quanto incantevole fosse il canto dell'uccello, i bambini continuarono a tagliare, tagliare, tagliare.
Finalmente il tronco scricchiolò e si spezzò. L'albero si schiantò a terra e con esso precipitò l'uccello strano e misterioso. Il capo trovò l'uccello lì dove giaceva, schiacciato dal peso dei rami.
Da ogni dove la gente si precipitò. Gli anziani disillusi e i giovani vigorosi non riuscivano a credere che i bambini fossero riusciti nell'impresa con le loro esili braccia!
Quella sera, il capo proclamò una gran festa in segno di riconoscimento per i bambini. " Voi siete gli unici a saper ascoltare e ad avere gli occhi limpidi - disse -. Voi siete gli occhi e le orecchie della tribù".
Se Incontri Il Budda Per La Strada Uccidilo
Il pellegrinaggio del paziente nella psicoterapia.
di Sheldom B. Kopp
All'inzio, appena mi consigliarono questo libro devo ammettere che mi sono un po' irrigidito. Da buddista che sono da ben 12 anni, mi sembrava un sacrilegio un titolo simile. Di base però sono un gran curioso e quindi l'idea di approcciarmi a questa lettura mi intrigava. Dopo le prime venti pagine mi sono accorto che se il Budda Shakyamuni stesso fosse vivo gli avrebbe stretto sicuramente la mano !
Non è un libro recente in quanto è stato pubblicato la prima volta nel 1972, ma credo che sia una di quelle perle che ogni persona coinvolta per lavoro in una relazione di cura, aiuto e sostegno, debba avere nella propria libreria.
Non sono uno psicoterapeuta, ma nell'ottica della mia professione di operatore shiatsu e assistente educativo, ritengo di aver colto veramente molti spunti di riflessione.
Sheldom Kopp utilizza la metafora del pellegrinaggio nel percorso tra terapeuta e paziente, proprio con l'idea di un cammino fatto in due, dove ognuno forte sulle propie gambe e solido nel proprio centro può camminare insieme all'altro.
Certo è chiaro che quando ci si rivolge ad un professionista in una relazione d'aiuto si è sempre in una condizione di dolore o sofferenza, ma l'obbiettivo del terapeuta è quello di rendere il "cliente" solido e indipendente: come dice un principio dello yoga "gambe di roccia e testa di nuovole " ossia gambe forti capaci di sotenerci e portarci a muovere nel mondo con la mente leggera come una nuvola. Trovo in questa indicazione dello yoga un principio molto importante sia per il terapista o operatore, sia per il cliente. Entrambi in cammino, centrati e che per un certo tratto di strada guardano nella stessa direzione, ma con la consapevolezza profonda che il maestro non va cercato all'esterno ma dentro al proprio cuore.
L'operatore o il terapeuta diventano così il veicolo attraverso il quale il cliente può far ritorno verso se stesso e acquisire così forza e stabilità, senza ricommettere l'errore o perseguire la falsa illusione che la verità sia al di fuori se, in un terapista ad esempio. Uccidere il Budda in questo contesto significa quindi un processo di consapevolezza del cliente o paziente: riconoscere nel suo terapista uno strumento e non una figura da mitizzare riducendo se stessi.
Per questo sostengo che questo libro sia una valida guida prima di tutto per chi esercita la propria professione sia come insegnante di qualsiasi materia che come terapista o operatore.
Questo è un passaggio individuale ma anche sociale di grande portata, in quanto porta ognuno ad assumersi le proprie responsabilità appoggiandosi su stesso per la propria crescita personale e non su qualcosa di esterno a noi.
Questa è una dinammica che possiamo osservare in tantissime relazioni, da quelle sentimentali, familiari o prefessionali che siano. Spesso questa tendenza all'appoggiarsi sull'altro si calcifica e si entra in un circolo vizioso davvero difficile, ma non sicuramnete impossibile da scardinare: il tempo dell'anima e del cuore si misura in istanti, in un distante decido e posso farlo con tutto me stesso, ed è proprio la forza di quella decisione che determina l'attivarsi di un nuovo schema di cause ed effetti.
Non è un libro recente in quanto è stato pubblicato la prima volta nel 1972, ma credo che sia una di quelle perle che ogni persona coinvolta per lavoro in una relazione di cura, aiuto e sostegno, debba avere nella propria libreria.
Non sono uno psicoterapeuta, ma nell'ottica della mia professione di operatore shiatsu e assistente educativo, ritengo di aver colto veramente molti spunti di riflessione.
Sheldom Kopp utilizza la metafora del pellegrinaggio nel percorso tra terapeuta e paziente, proprio con l'idea di un cammino fatto in due, dove ognuno forte sulle propie gambe e solido nel proprio centro può camminare insieme all'altro.
Certo è chiaro che quando ci si rivolge ad un professionista in una relazione d'aiuto si è sempre in una condizione di dolore o sofferenza, ma l'obbiettivo del terapeuta è quello di rendere il "cliente" solido e indipendente: come dice un principio dello yoga "gambe di roccia e testa di nuovole " ossia gambe forti capaci di sotenerci e portarci a muovere nel mondo con la mente leggera come una nuvola. Trovo in questa indicazione dello yoga un principio molto importante sia per il terapista o operatore, sia per il cliente. Entrambi in cammino, centrati e che per un certo tratto di strada guardano nella stessa direzione, ma con la consapevolezza profonda che il maestro non va cercato all'esterno ma dentro al proprio cuore.
L'operatore o il terapeuta diventano così il veicolo attraverso il quale il cliente può far ritorno verso se stesso e acquisire così forza e stabilità, senza ricommettere l'errore o perseguire la falsa illusione che la verità sia al di fuori se, in un terapista ad esempio. Uccidere il Budda in questo contesto significa quindi un processo di consapevolezza del cliente o paziente: riconoscere nel suo terapista uno strumento e non una figura da mitizzare riducendo se stessi.
Per questo sostengo che questo libro sia una valida guida prima di tutto per chi esercita la propria professione sia come insegnante di qualsiasi materia che come terapista o operatore.
Questo è un passaggio individuale ma anche sociale di grande portata, in quanto porta ognuno ad assumersi le proprie responsabilità appoggiandosi su stesso per la propria crescita personale e non su qualcosa di esterno a noi.
Questa è una dinammica che possiamo osservare in tantissime relazioni, da quelle sentimentali, familiari o prefessionali che siano. Spesso questa tendenza all'appoggiarsi sull'altro si calcifica e si entra in un circolo vizioso davvero difficile, ma non sicuramnete impossibile da scardinare: il tempo dell'anima e del cuore si misura in istanti, in un distante decido e posso farlo con tutto me stesso, ed è proprio la forza di quella decisione che determina l'attivarsi di un nuovo schema di cause ed effetti.
Di questo libro ho trovato il prezzo più conveniente, come spesso accade, su Amazon che lo propone a 11,90 euro piuttosto che ai 14 euro di Macrolibrarsi o di Ebay, o ai 13.30 euro di Libreriauniversitaria. Nel libro vengono spesso citati I-Ching ed è proprio una di queste citazioni che volevo condividere con voi:
" La via di cui si può parlare non è la vera via, Il nome che può essere pronunciato non è un nome costante. " I- Ching |
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Sono tanti i passaggi di quest'opera di Kopp che mi piacerebbe condividere con voi ma credo sia giusto che ve lo gustiate, tanto è uno di quei libri che uno si deve rileggere più volte nella vita. Infatti a me lo avevano prestato ma io ho deciso di acquistarlo per poterlo tenere e sottolineare. Però c'è una cosa che vorrei condividere. C'è un punto in cui Kopp sottolinea l'illusione di sentirsi speciali o sentire qualcun altro speciale rispetto a noi. Io me lo sono sentito dire molte volte, recependolo fino a qualche mese fa come un vero nutrimento per il mio piccolo io, ma dietro quel definire un altro speciale si cela una delega delle proprie responsabilità, da parte di chi riceve una simile lode si cela la celebrazione dell'ego a discapito della costruzione di un rapporto basato sull'indipendenza piuttosto che su un appoggio malsano e dipendente.
Da questo momento in poi voglio fare più attenzione di fronte a simili e anche ingenui tranelli nelle dinamiche delle mie relazioni.
" Siamo tutti profondamente speciali nella stessa identica misura! "
Da questo momento in poi voglio fare più attenzione di fronte a simili e anche ingenui tranelli nelle dinamiche delle mie relazioni.
" Siamo tutti profondamente speciali nella stessa identica misura! "
" Quando io ho imparato a parlare, non esistevano altri «problemi» fuorché quelli di matematica o di scacchi; le «soluzioni» erano saline o legali, e «bisogno» era per lo più usato in forma verbale. Espressioni come «ho un problema» oppure «ho un bisogno» suonavano alquanto bislacche. Quand'ero adolescente, e mentre Hitler elaborava «soluzioni», si diffusero anche i «problemi sociali». Varietà sempre nuove di «bambini con problemi» venivano scoperte tra i poveri man mano che gli assistenti sociali imparavano a marchiare le loro prede e a standardizzarne i «bisogni». Il bisogno, inteso come sostantivo, fu la biada che fece esplodere le professioni fino a instaurarne il dominio. La povertà si venne modernizzando. Da esperienza, i managers la tradussero in misura. I poveri divennero i «bisognosi». " di Ivan Illich
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Ivan Illich videoPresentazione in spagnolo ma di facile comprensione
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Desideravo condividere con voi questo brano tratto da La Perdita Dei Sensi :Dal capitolo “La storia dei bisogni” (1988)
Siamo sulla soglia di una transizione ancora inavvertita: il passaggio da una coscienza politica
fondata sul progresso, la crescita e lo sviluppo – radicata nei sogni dei Lumi – verso una nuova
coscienza ancora anonima, definita da controlli che assicurano un “sistema sostenibile” di
soddisfazione dei bisogni. Lo sviluppo è definitivamente morto. Ma gli esperti che ci hanno donato i bisogni si affannano oggi a riconcettualizzare il loro dono, a ridefinire ancora una volta l’umanità.
Per sopravvivere, assicurano, dobbiamo vedere noi stessi non come cittadini, ma come cyborg, a immagine dei sistemi immunitari, delle unità infinitesimali di una serie di sistemi inclusivi,
che nessuno sa dove finiscono. Il fattore principale deve essere compreso non come un bisogno, ma come un’esigenza, un complesso di esigenze per ogni sistema. Se questo punto di vista si impone, sarà finita per gli uomini e le donne. Alcuni anni fa i promotori dello sviluppo promettevano “di più”, creando così la condizione psichica per l’innesto dei bisogni, che ha portato alla creazione di un bisognoso intossicato, di un essere del quale tutti noi siamo parte. Forse è possibile circuire i nuovi esperti dei sistemi dimostrando il coraggio morale necessario per disfarsi delle cattive abitudini.
Siamo sulla soglia di una transizione ancora inavvertita: il passaggio da una coscienza politica
fondata sul progresso, la crescita e lo sviluppo – radicata nei sogni dei Lumi – verso una nuova
coscienza ancora anonima, definita da controlli che assicurano un “sistema sostenibile” di
soddisfazione dei bisogni. Lo sviluppo è definitivamente morto. Ma gli esperti che ci hanno donato i bisogni si affannano oggi a riconcettualizzare il loro dono, a ridefinire ancora una volta l’umanità.
Per sopravvivere, assicurano, dobbiamo vedere noi stessi non come cittadini, ma come cyborg, a immagine dei sistemi immunitari, delle unità infinitesimali di una serie di sistemi inclusivi,
che nessuno sa dove finiscono. Il fattore principale deve essere compreso non come un bisogno, ma come un’esigenza, un complesso di esigenze per ogni sistema. Se questo punto di vista si impone, sarà finita per gli uomini e le donne. Alcuni anni fa i promotori dello sviluppo promettevano “di più”, creando così la condizione psichica per l’innesto dei bisogni, che ha portato alla creazione di un bisognoso intossicato, di un essere del quale tutti noi siamo parte. Forse è possibile circuire i nuovi esperti dei sistemi dimostrando il coraggio morale necessario per disfarsi delle cattive abitudini.
Se siete interessati ad approfondire questo link credo sia molto utile: Bibliografia di Ivan Illich
Alejandro Jororowsky
Ogni Secondo Di Vita E' Un Regalo Sublime
Cari amici desideravo condividere con voi questo video, tradotto da un testo di Jodorowsky e interpretato da Filippo Timi, della durata di 3:59.
A me a toccato molto e spero possa toccare anche il vostro di cuore, magari potrebbe essere l'occasione per conoscere, se ancora non lo conosci, Alejandro Jodorowsky.
Alejandro Jodorowsky è uno scrittore, regista e sceneggiatore cileno naturalizzato francese. Dal 1953 vive a Parigi per l'appunto. Per lungo tempo allievo e assistente di Marcel Marceau, fino a diventarne il più stretto collaboratore. Intorno agli anni '60 Jodorowsky conobbe Paquita, una guaritrice messicana e rimase affascinato da questa forma surrealista con cui Paquita guariva i suoi pazienti, che non aveva nulla a che a fare con la metodologia della medicina tradizionale allopatica, ma i suoi metodi erano caratterizzati da una forza tale che portavano spesso i suoi pazienti a intraprendere una strada per la guarigione, ricontattando la propria forza vitale e il prorpio potere innato di auto-guarigione. Da questo incontro Jodorowsky prese la decisione di elaborare una forma d'arte che avesse come fine la guarigione e la chiamò : Psicomagia.
Esempio di atti psicomagici: a un ragazzo, orfano del padre, la cui figura, idealizzata e severa, continuava a influenzarne negativamente la vita, chiese di bruciare una foto del padre, gettando le ceneri in un bicchiere di vino, e quindi di berlo.
L'atto psicomagico è dunque finalizzato ad essere costruttivo, sicuramente forte ma capace di sciogliere quel nodo esistenziale, che spesso tiene legata la vita ad un passato sconosciuto, ma che impedisce alla Forza Vitale di scorrere in modo positivo. Il suo è un tentativo di dare all'arte una dimensione di "guarigione". La sua opera "I vangeli per guarire" è un ulteriore tentativo in tal senso.
A me a toccato molto e spero possa toccare anche il vostro di cuore, magari potrebbe essere l'occasione per conoscere, se ancora non lo conosci, Alejandro Jodorowsky.
Alejandro Jodorowsky è uno scrittore, regista e sceneggiatore cileno naturalizzato francese. Dal 1953 vive a Parigi per l'appunto. Per lungo tempo allievo e assistente di Marcel Marceau, fino a diventarne il più stretto collaboratore. Intorno agli anni '60 Jodorowsky conobbe Paquita, una guaritrice messicana e rimase affascinato da questa forma surrealista con cui Paquita guariva i suoi pazienti, che non aveva nulla a che a fare con la metodologia della medicina tradizionale allopatica, ma i suoi metodi erano caratterizzati da una forza tale che portavano spesso i suoi pazienti a intraprendere una strada per la guarigione, ricontattando la propria forza vitale e il prorpio potere innato di auto-guarigione. Da questo incontro Jodorowsky prese la decisione di elaborare una forma d'arte che avesse come fine la guarigione e la chiamò : Psicomagia.
Esempio di atti psicomagici: a un ragazzo, orfano del padre, la cui figura, idealizzata e severa, continuava a influenzarne negativamente la vita, chiese di bruciare una foto del padre, gettando le ceneri in un bicchiere di vino, e quindi di berlo.
L'atto psicomagico è dunque finalizzato ad essere costruttivo, sicuramente forte ma capace di sciogliere quel nodo esistenziale, che spesso tiene legata la vita ad un passato sconosciuto, ma che impedisce alla Forza Vitale di scorrere in modo positivo. Il suo è un tentativo di dare all'arte una dimensione di "guarigione". La sua opera "I vangeli per guarire" è un ulteriore tentativo in tal senso.
Alla Milanesiana Jodorowsky e Battiato
Navigando su youtube ho scoperto questo video : http://www.youtube.com/watch?v=dsiO1XV_uH4
In realtà è il primo di sette video relativi ad una conferenza dove Jodorowsky e Battiano si confrontano sulle tante similutitudini del loro percorso all'interno della rassegna interculturale "La MIlanesiana": culture a confronto.
Io l'ho trovato davvero molto interessante e soprattutto non avevo mai preso in considerazione le connessioni esistenti tra le due figure della cultura contemporanea. Per me è sempre un piacere ascoltarlo Jodorowsky, in quanto nella sua profondità e sensibilità c'è sempre quella accattivante ironia prerogativa dei grandi comunicatori. Se avete un po' di tempo, dato che ognuno dei sette video ha una durata di 9 minuti circa, poco più di un'ora in tutto, ve lo consiglio se siete curiosi di conoscere meglio questo personaggio.
In realtà è il primo di sette video relativi ad una conferenza dove Jodorowsky e Battiano si confrontano sulle tante similutitudini del loro percorso all'interno della rassegna interculturale "La MIlanesiana": culture a confronto.
Io l'ho trovato davvero molto interessante e soprattutto non avevo mai preso in considerazione le connessioni esistenti tra le due figure della cultura contemporanea. Per me è sempre un piacere ascoltarlo Jodorowsky, in quanto nella sua profondità e sensibilità c'è sempre quella accattivante ironia prerogativa dei grandi comunicatori. Se avete un po' di tempo, dato che ognuno dei sette video ha una durata di 9 minuti circa, poco più di un'ora in tutto, ve lo consiglio se siete curiosi di conoscere meglio questo personaggio.
Se volete invece leggere qualcosa di molto interessante allora vi consiglio questo libro di Jodorowsky, dove viene affrontato bene il suo studio e la sua ricerca sulla Psicomagia e sugli atti psicomagici.
Io di recente ho ricevuto più di un atto psicomagico da compiere, non da Jodorowsky però :-) , ma da una naturopata molto speciale con la quale studio da un paio d'anni, ma di lei ve ne parlerò più avanti. Devo dire che i risultati di questi atti psicomagici sono stati molto interessanti, in quanto l'atto lavora ad un livello molto profondo della coscienza individuale e collettiva, sulla base del principio di interconnessione tra noi e tutti gli essere senzienti ed insenzienti che ci circondano. Tutto ciò che facciamo per noi stessi influenza tutto ciò che ci circonda, immagino che abbiate già sentito la frase : " Il minimo battito d'ali di una farfalla in Amazzonia può provocare un urugano dall'altra parte del mondo ". |
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