Elena Gerebizza
Ho conosciuto Elena Gerebizza nel 2009 alla Scuola di Shiatsu del Centro Il Fiume di Roma.
Elena non è solo una compagna di studio nello shiatsu e un'amica speciale, ma da anni si occupa di questioni legate all'impatto degli investimenti pubblici e privati sui diritti umani e sull'ambiente. Dal 2005 ha lavorato con la Campagna per la riforma della Banca Mondiale, denunciando gli impatti sui paesi più poveri dei grandi progetti infrastrutturali nel settore energetico e degli investimenti della Banca Mondiale nel settore estrattivo e per la lotta al cambiamento climatico.
Dal 2012 Elena è tra i fondatori di Re:Common un'associazione che ha come mission quella di sottrarre il controllo delle risorse naturali al mercato e alle istituzioni finanziarie pubbliche e private, restituendone l’accesso e la gestione diretta ai cittadini tramite nuove politiche di partecipazione.
Obiettivi della nuova associazione
• Ottenere il riconoscimento del principio di debito ecologico e sociale del Nord verso il Sud e operare per il suo ripagamento.
• Limitare il campo di azione e il potere dei mercati finanziari, degli speculatori e delle istituzioni finanziarie internazionali nel controllo e nella gestione delle risorse naturali.
• Restituire alle comunità locali la sovranità nella gestione delle risorse naturali.
• Rimettere al centro dell’agenda politica il concetto di interesse pubblico nella gestione delle risorse naturali e dei beni comuni, dando voce alle cittadinanze nei processi decisionali.
• Promuovere la costruzione di nuove istituzioni finanziarie pubbliche per la tutela e la gestione partecipata dei beni comuni.
• Costruire una rete euro-mediterranea per il controllo pubblico e partecipato delle risorse naturali.
• Promuovere l’efficienza nell’uso delle risorse naturali al fine di ridurne il consumo, tramite una rilocalizzazione decentralizzata dei processi produttivi e una strategia di autosufficienza energetica e alimentare a livello locale.
Elena non è solo una compagna di studio nello shiatsu e un'amica speciale, ma da anni si occupa di questioni legate all'impatto degli investimenti pubblici e privati sui diritti umani e sull'ambiente. Dal 2005 ha lavorato con la Campagna per la riforma della Banca Mondiale, denunciando gli impatti sui paesi più poveri dei grandi progetti infrastrutturali nel settore energetico e degli investimenti della Banca Mondiale nel settore estrattivo e per la lotta al cambiamento climatico.
Dal 2012 Elena è tra i fondatori di Re:Common un'associazione che ha come mission quella di sottrarre il controllo delle risorse naturali al mercato e alle istituzioni finanziarie pubbliche e private, restituendone l’accesso e la gestione diretta ai cittadini tramite nuove politiche di partecipazione.
Obiettivi della nuova associazione
• Ottenere il riconoscimento del principio di debito ecologico e sociale del Nord verso il Sud e operare per il suo ripagamento.
• Limitare il campo di azione e il potere dei mercati finanziari, degli speculatori e delle istituzioni finanziarie internazionali nel controllo e nella gestione delle risorse naturali.
• Restituire alle comunità locali la sovranità nella gestione delle risorse naturali.
• Rimettere al centro dell’agenda politica il concetto di interesse pubblico nella gestione delle risorse naturali e dei beni comuni, dando voce alle cittadinanze nei processi decisionali.
• Promuovere la costruzione di nuove istituzioni finanziarie pubbliche per la tutela e la gestione partecipata dei beni comuni.
• Costruire una rete euro-mediterranea per il controllo pubblico e partecipato delle risorse naturali.
• Promuovere l’efficienza nell’uso delle risorse naturali al fine di ridurne il consumo, tramite una rilocalizzazione decentralizzata dei processi produttivi e una strategia di autosufficienza energetica e alimentare a livello locale.
Pubblicazioni
Elena Gerebizza ha partecipato alla stesura del libro che vedete qui a fianco: " Non è tutto verde quello che luccica ".Un lavoro che guarda alle contraddizioni interne che la “transizione” vive, nel tentativo di conciliare la bieca logica di mercato, che premia pochi, e l’interesse generale di tutti e dell’ambiente.
Il libro è in vendita al costo di 9 euro, sul sito di Altreconomia.
Non permettiamo che la “rivoluzione verde” ci venga scippata da finanza e multinazionali
Il libro è in vendita al costo di 9 euro, sul sito di Altreconomia.
Non permettiamo che la “rivoluzione verde” ci venga scippata da finanza e multinazionali
Sul sito di Re:Common potete leggere tanti articoli scritti da Elena e da tutte le persone che con lei collaborano a questo progetto a livello planetario! Molto interessante è un articolo del mese di novembre di quest'anno dove Elena spiega l'inutilità della costruzione delle grandi opere. Ve ne cito una parte:
"Quante sono le grandi opere inutili che la Commissione Europea e i governi stanno promuovendo come strumento per uscire dalla crisi? Quanti dei 2 milioni di miliardi (avete letto bene) che la Commissione ritiene serviranno per costruire “la spina dorsale d’Europa” diventeranno debito per governi e cittadini, senza portare alcun beneficio alla collettività?
Come nel caso di ACIPA, il comitato che si oppone alla costruzione del Grande Aeroporto dell’Ovest di Notre Dame des Landes (vicino Nantes, in Francia) dove da metà ottobre centinaia di contadini sono stati espulsi con la forza da 1.200 poliziotti e militari in assetto anti sommossa dalle terre su cui il primo ministro in persona vuole iniziare il prima possibile il cantiere
Grandi opere oggi ritornate in auge con la definizione di un nuovo strumento finanziario, il project bond europeo, garantito dalla Banca europea per gli investimenti e approvato nel corso dell’estate con un budget iniziale di 230 milioni euro destinati a rendere “attraenti” per i mercati finanziari grandi opere altrimenti insostenibili, garantendo loro un rating a tripla A e la copertura del rischio a investitori privati".
Come nel caso di ACIPA, il comitato che si oppone alla costruzione del Grande Aeroporto dell’Ovest di Notre Dame des Landes (vicino Nantes, in Francia) dove da metà ottobre centinaia di contadini sono stati espulsi con la forza da 1.200 poliziotti e militari in assetto anti sommossa dalle terre su cui il primo ministro in persona vuole iniziare il prima possibile il cantiere
Grandi opere oggi ritornate in auge con la definizione di un nuovo strumento finanziario, il project bond europeo, garantito dalla Banca europea per gli investimenti e approvato nel corso dell’estate con un budget iniziale di 230 milioni euro destinati a rendere “attraenti” per i mercati finanziari grandi opere altrimenti insostenibili, garantendo loro un rating a tripla A e la copertura del rischio a investitori privati".
Un altro articolo molto interessante del 26 novembre di quest'anno dove Elena denuncia ad alta voce l'azione della Banca Mondiale e le conseguenze sul clima globale. Eccovene un estratto:
"È il primo documento in cui anche la Banca prende atto di una tendenza in parte già denunciata dal mondo scientifico e dalle Nazioni Unite, ovvero che gli impegni finora presi dai governi rischiano di traghettarci verso un aumento della temperatura globale di almeno 4° entro la fine del secolo. E che questo porterebbe a conseguenze ambientali ma anche sociali di portata epocale, che metterebbero a rischio gli obiettivi di lotta alla povertà.
Se da un lato in molti vedono un segnale positivo nel fatto che a riconoscere il problema siano proprio gli economisti di Washington, dall’altro risulterebbe imbarazzante raffrontare il portfolio investimenti della Banca con i dati del rapporto appena pubblicato.
Certo, perché la World Bank continua a investire miliardi nei combustibili fossili. Per la precisione 2,38 miliardi di dollari nel solo 2011, secondo l’organizzazione non governativa statunitense Oil Change International. Oltre ovviamente ai diversi miliardi investiti nel settore attraverso intermediari finanziari, a cui la Banca destina più della metà dei finanziamenti diretti al settore privato.
Se da un lato in molti vedono un segnale positivo nel fatto che a riconoscere il problema siano proprio gli economisti di Washington, dall’altro risulterebbe imbarazzante raffrontare il portfolio investimenti della Banca con i dati del rapporto appena pubblicato.
Certo, perché la World Bank continua a investire miliardi nei combustibili fossili. Per la precisione 2,38 miliardi di dollari nel solo 2011, secondo l’organizzazione non governativa statunitense Oil Change International. Oltre ovviamente ai diversi miliardi investiti nel settore attraverso intermediari finanziari, a cui la Banca destina più della metà dei finanziamenti diretti al settore privato.